Le responsabilità dell’amministratore di condominio per infortuni
Responsabilità per culpa in eligendo e in vigilando di un amministratore di condominio – in qualità di committente – per la morte di un dipendente dell’impresa appaltatrice precipitato a terra durante i lavori di rifacimento di una facciata
Con Cassazione Penale, Sez.III, 3 luglio 2019 n.29068 la Corte ha confermato la condanna di un amministratore di condominio per il reato di omicidio colposo di cui all’art.589 cod. pen. “per avere, quale capo condominio dell’edificio … e, quindi, committente dei lavori di rifacimento della facciata di tale condominio, omettendo di attenersi ai principi e alle misure generali di tutela per consentire l’esecuzione dei lavori in condizioni di sicurezza, in particolare per aver omesso di verificare l’idoneità tecnico professionale dell’impresa appaltatrice, causato la morte di S.S., dipendente dell’impresa aggiudicataria dei lavori, che era precipitato a terra dall’altezza del 2° – 3° piano, nell’atto di scendere dal ponteggio metallico”.
All’esito del precedente grado di giudizio, la Corte d’Appello aveva considerato “raggiunta la prova della conclusione del contratto d’appalto, relativo al rifacimento della facciata dell’edificio eretto in condominio e amministrato dal ricorrente e l’affidamento dei relativi lavori, con la conseguente ravvisabilità della veste di committente dell’imputato medesimo, da cui è stata fatta discendere la sua responsabilità nella causazione dell’infortunio, per colpa in eligendo e in vigilando.”
Nonostante l’imputato nel suo ricorso confutasse il perfezionamento di tale contratto, quest’ultimo era risultato provato sulla base di numerosi elementi, quali “l’apposizione della dicitura “approvato” sul testo della proposta di contratto; l’attivazione dell’imputato, nella sua veste di amministratore, per riscuotere da ciascun condomino i contributi necessari per poter pagare il prezzo dell’appalto; quanto riferito nel corso delle indagini dai condomini G. e I., circa la decisione di affidare i lavori all’impresa del S.B., che aveva presentato il preventivo più conveniente; l’inizio della installazione del ponteggio da utilizzare per l’esecuzione dei lavori di rifacimento della facciata oggetto del contratto d’appalto; il fatto che l’imputato e il S.B. si erano incontrati proprio in concomitanza con l’avvio dei lavori di montaggio del ponteggio […]”.
Tutto ciò sul presupposto – come ricordato dalla Cassazione – della “non necessarietà della forma scritta per la conclusione di un contratto d’appalto (ex art. 1350 cod. civ.)”.
La Corte ha così confermato la condanna dell’imputato alla pena di un anno e quattro mesi di reclusione e al risarcimento dei danni in favore delle parti civili.
Condannato un amministratore di condominio che non ha verificato l’idoneità tecnico-professionale dell’impresa esecutrice la quale ha cagionato un incendio che ha riguardato il piano mansardato ed il tetto dell’edificio condominiale (reato di incendio colposo)
In Cassazione Penale, Sez.IV, 21 settembre 2017 n.43500, la Corte ha confermato la condanna penale (oltre alle statuizioni civili) nei confronti di M.G.A., titolare dell’omonima impresa artigiana, e di C.P., amministratore del condominio, “responsabili, con condotte colpose indipendenti, del delitto di incendio colposo che il 21 giugno 2016 aveva interessato il piano mansardato ed il tetto dell’edificio condominiale e da cui erano derivati imponenti danni anche a diverse unità abitative poste ai piano sottostanti”.
In particolare, al titolare dell’impresa artigiana (M.G.A.) “era stata addebitata la mancata adozione di cautele in tema di sicurezza antincendio nel corso dei lavori di impermeabilizzazione di alcuni lucernai posti sul tetto, a lui commissionati e da lui personalmente eseguiti, avendo egli effettuato la posa della guaina catramata con cannello collegato a bombola di gas propano, creando così surriscaldamento, in assenza di mezzi antincendio (quali estintori od altro).”
Dall’altra parte, “al C.P. invece, amministratore del Condominio e committente delle opere di impermeabilizzazione, era stato addebitato di aver conferito l’incarico senza verificare l’idoneità tecnico-professionale del M.G.A., in violazione dell’art.90, comma 9 lett.a) e All.XVII del D.Lgs.n.81/2008, non avendo acquisito documentazione relativa alla conformità alle normativa antinfortunistica delle attrezzature usate e dei dispositivi di protezione in dotazione, né attestati inerenti la formazione del M.G.A. e neppure il documento di regolarità contributiva (c.d. DURC).”
Dagli accertamenti compiuti nei gradi precedenti di giudizio era emerso – tra le varie circostanze – che “il M.G.A. stava lavorando fin dalla mattina sul tetto, utilizzando un cannello GPL che sprigionava fiamma libera e disponeva anche di una bombola di gas, che aveva portato sul tetto e poi spostato” e che “nell’area interessata dall’incendio non era stato rinvenuto alcun mezzo di estinzione”.
Dalla ricostruzione svolta, i Giudici di merito erano pervenuti alla “conclusione che le fiamme fossero state causate da un uso maldestro del cannello a fiamma libera, che il M.G.A. stava adoperando sul tetto fin dal mattino, unitamente a materiale infiammabile quali sono le guaine bituminose.”
Per quanto attiene alla posizione dell’amministratore di condominio C.P. – il quale nel suo ricorso “aveva contestato che il M.G.A. stesse eseguendo lavori commissionati dal Condominio” – la Cassazione precisa che “oltre ai lavori descritti nel preventivo del …, che prevedevano la sola posa in opera di malta cementizia su parti comuni del tetto, era stato affidato al M.G.A. in modo “non formale” un ulteriore intervento nei pressi del locale ascensore, per rimediare alle copiose infiltrazioni lamentate dal condomino sottostante B.G., consistente nel proseguire nel posizionamento della guaina bituminosa, già effettuato qualche mese prima”.
Dunque “dal conferimento di tale incarico scaturiva quindi l’obbligo di accertare l’idoneità tecnico-professionale del soggetto incaricato.”
E’ interessante notare come la sentenza sottolinei inoltre che “dai pregressi rapporti di assidua collaborazione professionale tra il C.P. ed il M.G.A., da anni consolidati, derivava poi secondo i giudici di appello, anche l’affidamento che i singoli condomini avevano riposto sulla buona formazione professionale dell’artigiano segnalato dall’amministratore: dunque il C.P., sia come committente di limitate opere per il condominio, sia quale amministratore, avrebbe dovuto verificare le competenze della persona incaricata e le dotazioni di prevenzione da utilizzare nei lavori, a garanzia della sicurezza e conservazione dei beni comuni, stante la pericolosità dell’attività da svolgere.”
Nel confermare la responsabilità di entrambi gli imputati, la Cassazione evidenzia che l’amministratore C.P., “consapevole che il M.G.A. era chiamato ad eseguire, sia per conto del Condominio sia per conto dei singoli condomini, opere che richiedevano l’uso di un cannello a fiamma libera a GPL, avrebbe dovuto – in qualità di amministratore e di committente – verificare che il soggetto da lui stesso individuato fosse effettivamente dotato della necessaria capacità di realizzare i lavori affidati e munito delle attrezzature idonee, anche in relazione ai dispositivi di sicurezza e prevenzione incendi, data la infiammabilità del materiale utilizzato”.
La sentenza ricorda così che “già questa Corte si è pronunciata nel senso che l’amministratore che stipuli un contratto di affidamento in appalto di lavori da eseguirsi nell’interesse del Condominio è tenuto, quale committente, all’osservanza degli obblighi di verifica della idoneità tecnico professionale dell’Impresa appaltatrice (Sez.3, n.42347 del 18/9/2013, Rv.257276), essendo titolare di un obbligo di garanzia, quanto alla conservazione e manutenzione delle parti comuni dell’edificio condominiale, ai sensi dell’art.1130 cod.civ. (Sez.4, n.39959 del 23/9/2009, Rv.245317): non rileva pertanto – per quanto concerne l’incendio riconducibile a colpa del M.G.A. – che lo stesso si sia sviluppato su una parte comune dell’edificio condominiale ovvero su un bene appartenente al singolo condomino, accessibile dalla parte comune.”
Nel caso di specie l’imputato, “ben consapevole che i lavori da eseguire comportavano l’utilizzo di materiale infiammabile, avrebbe dovuto attivarsi a tutela delle parti comuni esposte a pericolo, assicurandosi della capacità della persona incaricata: la sua colpevole inerzia ebbe perciò un ruolo causalmente incidente sulla produzione dell’evento.”
Responsabilità di un amministratore di condominio per la morte di un operaio precipitato da un terrazzo condominiale: affidamento di lavori a basso costo “in modo molto informale” a due operai disoccupati senza verifica dell’idoneità tecnico-professionale
Concludiamo questa breve analisi – condotta come sempre senza pretese di esaustività – richiamando molto sinteticamente Cassazione Penale, Sez.IV, 21 settembre 2017 n.43452, che ha confermato la responsabilità dell’amministratore di condominio G.C. per aver causato (in cooperazione colposa con un altro condomino “quale procacciatore dei lavoro e di materiale e fornitore delle attrezzature utilizzate”) la morte dell’operaio L.A., “deceduto il 2 agosto 2010 a seguito di precipitazione al suolo dal terrazzo di immobile condominiale a causa del mancato allestimento di opere provvisionali per la prevenzione della caduta dall’alto e per il mancato impiego di cintura di sicurezza con apposita fune di trattenuta.”
In particolare la Suprema Corte ha confermato la pronuncia della Corte d’Appello la quale, in riforma della sentenza emessa dal Tribunale di assoluzione di G.C. dal reato di omicidio colposo (impugnata dalle parti civili), ha dichiarato G.C. responsabile del fatto-reato e conseguentemente lo ha condannato al risarcimento dei danni in favore delle parti civili.
Era stato accertato in sede di merito che “in modo molto informale il G.C., quale amministratore condominiale, evidentemente per ottenere l’esecuzione dell’opera ad un basso costo affidava i lavori di cui si tratta, avvalendosi delle conoscenze del F.G. che operava anch’egli nei settore edile, al G.DL. ed all’L.A. (entrambi, come è risultato dalle dichiarazioni rese da Giulio L.A., in stato di disoccupazione […]).
Dunque, “tanto più in questo caso doveva essere rilevante l’obbligo dei G.C. di verificare in via preventiva antinfortunistica le modalità ed i mezzi di lavoro, in quanto l’incarico era stato affidato informalmente a due operai in stato di disoccupazione (per quanto potesse trattarsi di manovali esperti) e non ad un’impresa regolarmente registrata nel registro delle imprese della camera di Commercio.”