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02 Ago

Sulle responsabilità per un infortunio nella manutenzione di un albergo

Roma, 1 Ago – Sappiamo che la manutenzione – intesa come la combinazione delle azioni volte a mantenere o riportare qualcosa nello stato in cui possa eseguire la funzione richiesta – benché svolga un ruolo importante nell’eliminazione di pericoli sul luogo di lavoro è un’attività ad alto rischio.

E come ricordato anche durante la campagna europea 2010/2011 sulla manutenzione sicura, ogni manutenzione deve essere eseguita in sicurezza, adottando un’adeguata protezione per gli addetti alla manutenzione e per le altre persone presenti sul luogo di lavoro.

Cosa accade quando i lavori non sono eseguiti in sicurezza? E quali sono le responsabilità in caso di infortunio?

Per rispondere a queste domande possiamo presentare una recente sentenza della Corte di Cassazione – la Sentenza n. 16101 dell’11 aprile 2018 – relativa ad un infortunio mortale che è avvenuto durante i lavori di manutenzione di un albergo. Una sentenza che si sofferma anche sul ruolo del direttore dell’hotel e del datore di lavoro dell’impresa edile.

I FATTI, L’INFORTUNIO MORTALE E I RICORSI

La Cassazione ricorda che la Corte di Appello di Firenze – “in parziale riforma della sentenza di primo grado del Tribunale di Lucca-Sezione distaccata di Viareggio” – ha assolto M.B., quale direttore dell’Hotel XXX, di proprietà della YYY s.p.a., dal reato contestatogli per non aver commesso il fatto ed ha, invece, confermato la condanna a R.G., legale rappresentante della ZZZ s.r.l.

Più precisamente a entrambi gli imputati “si è contestato il delitto di cui agli artt. 113, 589, primo e secondo comma, cod.pen., perché, con negligenza e inosservanza delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro”, cagionavano la morte di S.B., dipendente della ZZZ s.r.l., precipitato nel vuoto mentre accedeva su una copertura dell’Hotel XXX ove dovevano essere eseguiti lavori di manutenzione commissionati dalla società proprietaria dell’albergo:

  • R.G. “omettendo di riportare nel POS l’Individuazione delle misure di sicurezza e omettendo di informare e formare il dipendente, in violazione degli artt. 96, 36, 37, 18 del d.lgs. n. 81 del 2008”;
  • M.B. omettendo di assicurarsi che i luoghi di lavoro fossero conformi ai requisiti di cui agli artt. 63 e 64 del d.lgs. n. 81 del 2008 e omettendo di valutare tutti i rischi nella elaborazione del relativo documento”.

Si indica che la Corte fiorentina ha “accolto l’appello proposto da M.B. ritenendo chei lavori di manutenzione dell’edificio siano stati commissionati e seguiti dalla proprietaria” YYY s.p.a., “senza alcun ruolo da parte del direttore dell’albergo; ha, inoltre, escluso che M.B. potesse assumere responsabilità quale datore di lavoro, non essendosi verificato l’infortunio in un luogo di lavoro per i dipendenti dell’albergo”. Contro tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione “il Procuratore Generale presso la Corte di Appello ed, a mezzo dei loro difensori di fiducia, le parti civili e l’imputato R.G.. Nel giudizio di legittimità hanno, inoltre, depositato due memorie difensive M.B. e le parti civili, a mezzo del nuovo difensore, anche in replica al ricorso dell’imputato R.G.”.In particolare il Procuratore Generale ha denunciato “l’inosservanza o erronea applicazione degli artt. 89 lett b, 90, commi 1 e 2, 26, commi 2 e 3, 15 e 16 del d.lgs. n. 81 del 2008, nella parte in cui la sentenza esclude la responsabilità di M.B. erroneamente assumendo che lo stesso non abbia avuto alcun ruolo di committente, pur essendo munito di una procura ad negotia in materia di sicurezza sul lavoro, e che il tetto del Torrino (luogo dell’infortunio) non fosse un luogo di lavoro dell’albergo, pur essendone l’unica via di accesso agli impianti di riscaldamento e condizionamento. Secondo il ricorrente, il ragionamento della Corte di Appello non sarebbe razionalmente persuasivo e mancherebbe di fondamento giuridico, equivocando la gestione amministrativo/economica dell’appalto, svolta dalla società proprietaria dell’albergo, ed il controllo e la verifica dei lavori da eseguire, affidata in base a specifica delega di funzioni, al direttore dell’albergo, che, quindi, sostituiva il committente”. Rimandando alla lettura integrale della sentenza che riporta altre indicazioni su ricorsi e memorie difensive, segnaliamo che l’imputato R.G. ha “dedotto la insussistenza e la illogicità della motivazione con riferimento alla affermazione della sua penale responsabilità sia in ordine all’abnormità della condotta del lavoratore ed alla conseguente assenza del nesso causale sia in ordine alla irrilevanza causale della mancanza del POS, asserendo in particolare un travisamento del fatto relativamente ai lavori che dovevano essere eseguiti il giorno dell’infortunio ed alla conseguente imprevedibilità della condotta del lavoratore”.

IL RUOLO E LE RESPONSABILITÀ DEL DIRETTORE DELL’ALBERGO

Secondo la Cassazione, in risposta al ricorso del Procuratore Generale e delle parti civili, “l’assoluzione di M.B. risulta, in base alla ricostruzione dei fatti operata con una motivazione congrua, non manifestamente illogica e priva di contraddizioni intrinseche o estrinseche, assolutamente conforme al diritto”.

Infatti il direttore dell’albergo “non ha assunto la posizione di garanzia del committente, non avendo stipulato il contratto di appalto, avente ad oggetto l’esecuzione dei lavori di manutenzione dell’edificio in esame”. E la Corte di Appello ha correttamente “riformato la conclusione del giudice di primo grado secondo cui ‘il M.B. aveva sicuramente assunto la specifica posizione di garanzia in sostituzione del committente vero e proprio’”, in quanto era stato nominato responsabile della sicurezza dell’Hotel XXX “e ‘delegato al coordinamento dell’attività di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori durante il lavoro’”.

La posizione di garanzia del datore di lavoro o del suo delegato ex art. 16 del d.lgs. n. 81 del 2008 – continua la Sentenza – “non va, difatti, confusa con quella del committente: si tratta di due distinte posizioni di garanzia, da cui discendono obblighi diversi, nei confronti di soggetti diversi, sicché l’assunzione della prima non comporta automaticamente l’assunzione della seconda. Né l’asserito controllo dei lavori, da parte di M.B., per conto della proprietaria committente, implica, come sostiene la Procura ricorrente, l’assunzione di una formale posizione di garanzia, che il committente può, invece, trasferire, ai sensi degli artt. 89, comma 1, lett. c e 90 del d.lgs. n. 81 del 2008, ad un responsabile dei lavori, incaricandolo specificamente della progettazione o del controllo dell’esecuzione dell’opera”.

E, in relazione alla prospettazione della Procura e delle parti civili, la “possibilità di individuare un committente sostanziale – che si aggiunga o, addirittura, si sostituisca a quello formale” dovrebbe “essere fondata sull’esercizio di fatto di tutte le funzioni tipiche della figura del garante committente e, quindi, anche sull’affidamento dell’Incarico e sul pagamento del corrispettivo (o, più, in generale di tutte le funzioni che la Procura ricorrente riconduce al piano ‘della gestione amministrativa/economica’ del contratto) e non solo sullo svolgimento di mansioni ausiliarie che ben si conciliano con il ruolo di M.B., quale soggetto che lavorava per la YYY s.p.a. all’interno della struttura alberghiera, oggetto degli interventi di manutenzione (ovvero sui soli segmenti del controllo assolutamente informale e atecnico dei lavori)”.

Anche la valutazione della Corte di Appello, “che ha escluso il tetto del “Torrino” costituisse un luogo di lavoro per i lavoratori dell’albergo, è del tutto congrua, non manifestamente illogica e priva di contraddizioni, fondandosi sulla circostanza che ‘in detto luogo non si svolge alcuna attività propria dell’hotel, non essendo un tetto praticabile, ma vi sono alloggiati gli impianti termici e di condizionamento, e le prove non hanno dimostrato che il controllo e la manutenzione di detti impianti vengano svolti dal personale di abergo.

IL PIANO OPERATIVO DI SICUREZZA E LE CONCLUSIONI DELLA CORTE

Riguardo, infine, al ricorso di R.G., si segnala che ad ogni modo, con riferimento alla ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito – “secondo i quali, dovevano essere svolti degli interventi di impermeabilizzazione sul tetto del Torrino, sia pure non quel giorno, ma nei giorni successivi, come ammesso dallo stesso imputato R.G., e tali lavori rientravano tra le mansioni di S.B., come emerso dalle deposizioni testimoniali” – l’accesso al luogo dell’infortunio da parte del lavoratore, “sebbene non concordato con il datore di lavoro e avvenuto in epoca anteriore rispetto alla programmata operazione, non può considerarsi una condotta abnorme, tale da interrompere il nesso di causalità, in quanto non è radicalmente e ontologicamente lontana dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del proprio lavoro e non è eccentrica rispetto alle mansioni del lavoratore”. Si ricorda, come sempre riguardo a questo tema, l’orientamento secondo cui, in tema di prevenzione antinfortunistica, “perché la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di casualità tra la condotta del datore di lavoro e l’evento lesivo, è necessario non tanto che essa sia imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (Sez. 4, Sentenza n. 15124 del 13/12/2016 ud., dep. 27/03/2017, rv. 269603)”.

Infine non sono condivisibili le censure formulate relativamente all’asserita “irrilevanza causale della mancata previsione dei rischi connessi all’accesso al Torrino nel piano operativo di sicurezza, che è il documento che il datore di lavoro dell’impresa esecutrice redige, ai sensi dell’art. 89 lett h, del d.lgs. n. 81 del 2008, in riferimento al singolo cantiere interessato, ai sensi dell’articolo 17 comma 1, lettera a), contenente, dunque, la valutazione di tutti i rischi connessi al cantiere, al pari del documento di valutazione rischi”.

Si sottolinea, infatti che il datore di lavoro dell’impresa esecutrice ha “l’obbligo di redigere un piano operativo completo che contempli specificamente tutti i rischi connessi al cantiere, che, nel caso di specie, si estendeva anche al Torrino, dove è pacifico erano già stati eseguiti altri lavori di impermeabilizzazione”.

E valgono rispetto al POS ,gli stessi principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità per il documento di valutazione dei rischi, sicché il datore di lavoro ha l’obbligo di analizzare e individuare con il massimo grado di specificità, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all’interno dell’azienda, avuto riguardo alla casistica concretamente verificabile in relazione alla singola lavorazione o all’ambiente di lavoro, e, all’esito, deve redigere e sottoporre periodicamente ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall’art. 28 del d.lgs. n. 81 del 2008, all’interno del quale è tenuto a indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori (Sez. 4, n. 20129 del 2016, rv. 267253)”.

E nel caso in esame, “da un lato, erano già stati svolti lavori di impermeabilizzazione sul Torrino e, dall’altro, era imminente l’esecuzione di ulteriori lavori di impermeabilizzazione sul Torrino, sicché il datore di lavoro aveva l’obbligo di inserire i rischi connessi nei p.o.s. e di informare e formare i lavoratori”.

In conclusione la Corte di Cassazione rigetta i ricorsi “con conseguente condanna del ricorrente R.G. e delle ricorrenti parti civili al pagamento delle spese del procedimento e condanna del ricorrente R.G. alla rifusione delle spese civili sostenute dalle parti civili costituite”.