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26 Nov

La diffusione nell’ambiente del mercurio e suoi composti

Il mercurio metallico (Hg), conosciuto comunemente come “argento vivo”, è un metallo liquido a temperatura ambiente. In natura si trova raramente come metallo nativo, dunque la sua preparazione avviene tramite estrazione per arrostimento del cinabro, un minerale rosso che contiene anche zolfo.
Le sorgenti di contaminazione da mercurio possono essere divise in naturali ed antropiche:

  • le fonti naturali includono eruzioni vulcaniche, incendi forestali, cinabro (HgS) e combustibili fossili come carbone e petrolio;
  • le fonti antropiche, hanno portato al rilascio di grandi quantità nell’aria, negli oceani e sul terreno. Le più importanti sono: l’attività estrattiva nelle miniere di mercurio, oggi messa al bando nell’Unione Europea ma ancora in atto in altre aree del pianeta, l’attività estrattiva artigianale su piccola scala nelle miniere d’oro, gli scarichi sia idrici che gassosi delle centrali idroelettriche, l’incenerimento di rifiuti urbani, sanitari, cimiteriali, le emissioni di impianti che utilizzano carbone, le discariche, le preparazioni ortodontiche, la produzione di metalli, l’industria della carta, degli alcali, cloroalcali e cemento.Nella zona sud della Toscana troviamo le miniere di mercurio nel monte Amiata, conosciute e sfruttate fin dai tempi dei romani e dagli etruschi, nelle quali l’attività, in modo discontinuo, si protrasse fino agli inizi degli anni ‘70 quando, acquisita consapevolezza del notevole impatto di questo metallo sull’ambiente, l’intero bacino mercurifero, comprensivo della miniera di Abbadia San Salvatore, cessò la sua attività in modo definitivo nel 1972.


    Un’altra fonte di diffusione del mercurio è la 
    geotermia; la Toscana è stata pioniera nello sfruttamento dei questa fonte di energia, attualmente effettuata mediante 35 centrali ubicate nelle quattro aree territoriali di Larderello, Radicondoli, Lago e Piancastagnaio nelle province di Pisa, Siena e Grosseto, dove il mercurio è disperso in superficie dalle correnti aeriformi estratte dal sottosuolo; nelle zone geotermiche ARPAT monitora costantemente la qualità dell’aria ambiente con centraline di rilevamento fisse e mobili, nonché le emissioni delle centrali geotermiche.

    Altre fonti antropiche che hanno contribuito al rilascio di mercurio in ambiente sono rappresentate dall’ attività industriale di due impianti, Solvay Chimica Italia a Rosignano (LI) e Altair Chimica a Volterra (PI), che per molto tempo hanno utilizzato celle elettrolitiche a mercurio nel loro processo produttivo, poi definitivamente abbandonate. Solo nei primi anni ottanta lo stabilimento Solvay si è dotato di un sistema di trattamento delle acque di scarico in grado di eliminare il mercurio, che poi è stato definitivamente eliminato dal ciclo produttivo nel 2007 (a seguito dell’Accordo di programma del 2003) grazie alla sostituzione della tecnologia con celle a mercurio in favore di quella con celle a membrana.

    Le principali fonti di esposizione per la popolazione generale sono:

    – la dieta, con il consumo di pesce, crostacei e molluschi, essenzialmente sotto forma di metilmercurio e, solo in piccola parte, di mercurio inorganico; come riportato  nel Report No 11/2018 Mercury in Europe’s environment dell’ Agenzia europea per l’ambiente (EEA), la dieta rappresenta in Europa la principale fonte di esposizione al mercurio per le persone;

     l’ambiente, per il rilascio nell’aria e nell’acqua di mercurio proveniente da stabilimenti produttivi.
    Il Consiglio direttivo del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP) ha approvato, nell’ottobre del 2013, la  Convenzione di Minamata sul mercurio, entrata in vigore il 16 agosto 2017 e ratificata da 125 Paesi, fra cui l’ Italia, con l’obiettivo della protezione della salute e dell’ambiente dalle emissioni e dai rilasci antropogenici di mercurio e dei suoi composti e prevede specifiche misure per ridurre i livelli di mercurio nell’ambiente e tutelare la salute umana.

    La Convenzione di Minamata prende il nome dal tristemente famoso incidente di Minamata (Giappone, 1956), dove ci fu un rilascio in mare di metilmercurio, da parte dell’industria chimica Chisso Corporation. Da qui, attraverso la dieta, entrò in contatto con gli abitanti con conseguenze anche molto gravi sul loro sistema nervoso, note come “malattia di Minamata” a cui si è ispirato anche un recente film Il caso Minamata.

    La Convenzione prevede controlli e riduzioni su tutta una gamma di prodotti, processi e industrie in cui viene utilizzato, rilasciato o emesso mercurio e vieta, dal 2020, la produzione, importazione ed esportazione di una serie di prodotti contenenti mercurio. Inoltre sono state determinate misure di riduzione per le principali fonti di emissione di mercurio da impianti industriali di grandi dimensioni come ad esempio centrali elettriche a carbone, caldaie industriali e inceneritori.

    A dispetto dell’impegno nella riduzione delle emissioni concordate nelle sedi internazionali le proprietà del mercurio fanno sì che una volta rilasciato nell’ambiente possa rimanere in circolazione per migliaia di anni; può infatti percorrere lunghe distanze e circolare nell’ambiente fino a 3000 anni in un processo noto come  global mercury cycle.

    L’atmosfera è il principale “veicolo” attraverso il quale il mercurio viene trasportato e depositato sulla terra e nell’acqua.

    Nell’ambiente acquatico il mercurio viene progressivamente convertito in metilmercurio entrando così più facilmente nella catena alimentare. Tale processo avviene prevalentemente nelle condizioni anaerobiche dei sedimenti fangosi dei fiumi e dei laghi, dove i batteri e i microrganismi anaerobi convertono il mercurio inorganico in metilmercurio.

    Il metilmercurio è un composto particolarmente tossico ed è soggetto a bioaccumulo nei tessuti adiposi degli esseri viventi, nei pesci, crostacei e molluschi e cresce nella catena alimentare con un processo chiamato biomagnificazione: in altre parole, i pesci predatori (come tonni, pesci spada etc.) hanno livelli più alti di contaminazione perché si nutrono di molti pesci più piccoli che a loro volta si sono nutriti di piccoli crostacei contaminati.  Il processo di biomagnificazione, attraverso la catena alimentare, arriva all’uomo “predatore finale”.

Effetti sulla salute dell’esposizione al mercurio e suoi composti

Mercurio elementare e metilmercurio sono tossici per il sistema nervoso centrale e periferico. L’inalazione di vapori di mercurio può produrre effetti dannosi sul sistema nervoso, digestivo e immunitario, sui polmoni e sui reni e può essere fatale. I sali inorganici di mercurio sono corrosivi per la pelle, gli occhi e il tratto gastrointestinale e possono indurre tossicità renale se ingeriti.

Segni lievi e subclinici di tossicità del sistema nervoso centrale possono essere osservati nei lavoratori esposti a un livello elementare di mercurio nell’aria di 20 μg/m3 o più per diversi anni. Sono stati segnalati effetti sui reni, che vanno dall’aumento delle proteine nelle urine all’insufficienza renale.  Ma l’impatto maggiore è quello del metilmercurio, forma organica del mercurio. Gli organi bersaglio sono il sistema nervoso centrale – in particolare il cervelletto e la corteccia visiva, e il sistema nervoso periferico.

Attività di monitoraggio del mercurio in Toscana

L’attività di monitoraggio dei corpi idrici della Regione Toscana, ha evidenziato che il mercurio è responsabile del mancato raggiungimento dello stato chimico “buono” dei fiumi; lo stato “non buono” scatta quando anche un solo campione supera la Concentrazione Massima Ammissibile (CMA). Nella colonna d’acqua il mercurio è tra parametri che, anche nel  monitoraggio del 2020,  supera in 34 stazioni la CMA.

Dal 2017 è iniziato, a livello sperimentale su un numero limitato di stazioni, il campionamento e la ricerca di sostanze pericolose nel biota, ovvero specie tipiche di pesce in fiumi e acque di transizione, che concorrono alla classificazione dello stato chimico.

La classificazione sul biota anche nel 2020 conferma il 100% di stato chimico “non buono”, sia in acque di transizione che fluviali, per il superamento dello SQA (Standard Qualità Ambientale) del mercurio in 18 punti sui 20 monitorati, del difeniletere bromurato in 17 punti, del PFOS in un punto.

La presenza del mercurio nelle acque marino costiere toscane è motivo di uno stato chimico non buono molto diffuso. Anche per la classificazione dello stato chimico delle acque marino costiere toscane il monitoraggio chimico viene eseguito nella colonna d’acqua e nel biota.

Nel 2019 i dati mostrano un risultato “non buono” per tutti i corpi idrici, influenzato negativamente dal giudizio sul biota. Le analisi per determinare la presenza del mercurio nei pesci hanno indicato una situazione di bioaccumulo di questo metallo lungo tutta la costa, con superamenti dello standard ambientale in tutte le stazioni campionate.

Lo studio SNPA per la quantificazione delle diverse forme di mercurio nel sedimento e nel suolo

Visto il diverso impatto sull’ambiente e sulla salute dell’uomo delle varie forme del mercurio un obiettivo a lungo perseguito da chimici e geochimici è la quantificazione o “speciazione” delle diverse forme di mercurio nei suoli e nei sedimenti; la particolare distribuzione dei composti del mercurio e la loro interazione con le matrici native, soprattutto in presenza di acqua, determina la loro mobilità ambientale e la loro biodisponibilità.
In merito alla “speciazione” del mercurio, ARPAT ha partecipato nell’ambito del SNPA allo “Studio esplorativo per la Speciazione del mercurio in Sedimento e Suolo”.
Questo studio è stato organizzato al fine di individuare criteri valutativi omogenei e condivisi su tutto il territorio nazionale allo scopo di orientare percorsi normativi e gestionali, utili a tutti i soggetti pubblici e privati che debbano condurre una caratterizzazione ambientale nell’ambito delle bonifiche o un monitoraggio ambientale.

L’iniziativa, che ha coinvolto nel 2020 i laboratori di Arpa Campania, Arpa Friuli Venezia Giulia, Arpa Lazio, Arpa Marche, Arpa Sicilia, Arpa Toscana e Arpa Veneto, nel suo complesso, ha avuto l’obiettivo di valutare le prestazioni di una serie di procedure di speciazione del mercurio in suoli e sedimenti, attualmente utilizzate dai laboratori SNPA. Lo studio ha sfruttato le potenzialità di uno strumento quale il confronto interlaboratorio, nel quale diversi laboratori applicano le procedure di analisi su alcuni materiali selezionati.

Dagli esiti di questo primo studio esplorativo potranno essere acquisite indicazioni utili ad un’armonizzazione e condivisione a livello SNPA di strategie e procedure, da sottoporre, poi, ad uno specifico studio collaborativo di convalida.

Per lo studio esplorativo ISPRA ha inviato gratuitamente ai laboratori partecipanti tre materiali di analisi caratterizzati da differenti intervalli di concentrazione di mercurio totale, sui quali ciascuna Agenzia ha applicato la propria procedura di estrazione sequenziale per l’individuazione delle singole forme di mercurio.

Nello specifico si fa riferimento a tecniche di “estrazione parziale”, mediante l’utilizzo di reagenti quali acqua regia, acqua regia inversa e acido nitrico e di analisi strumentali volte alla caratterizzazione delle singole porzioni di materiale.

I risultati ottenuti sono stati confrontati. I sette laboratori coinvolti che hanno impiegato metodi riportati nella letteratura internazionale.
Dall’analisi dei risultati è evidente che, indipendentemente dal metodo di estrazione sequenziale scelto dai singoli laboratori, è stato possibile individuare 4 frazioni principali e il mercurio totale:

  • specie di mercurio solubili, scambio ionico, legate a ossidi di ferro e/o manganese;
  • frazioni di mercurio legate al materiale organico;
  • mercurio elementare;
  • mercurio legato ai solfuri e residuale.

Dall’analisi dei risultati è stato possibile stimare una discreta concordanza tra le concentrazioni ottenute all’interno della stessa frazione nonostante le diverse metodologie utilizzate dai Laboratori partecipanti.

Alla luce dei risultati ottenuti, si è preso atto che non è stata individuata alcuna metodica, tra quelle sperimentate, che può essere considerata migliore di un’altra per studiare il frazionamento del mercurio in matrici complesse, quali suolo e sedimenti; ognuna delle metodiche studiate ha presentato pregi e difetti che uniformano il risultato finale anche rispetto all’impiego di materiali con differenti concentrazioni di mercurio totale.

Il gruppo di lavoro SNPA ha quindi deciso di mettere a punto un’ unica procedura condivisa, che possa permettere di confrontare in modo più approfondito i risultati del nuovo studio in modo da ottenere informazioni anche di tipo quantitativo individuare criteri valutativi omogenei per le specie del mercurio su tutto il territorio nazionale.
A tal fine sarà inserito un gruppo di lavoro dedicato all’interno del nuovo piano triennale per la prosecuzione delle attività in ambito SNPA al quale parteciperanno i laboratori ARPAT di Area Vasta Costa e Aria Vasta Sud.